1 Aprile. Questa è la data segnata sul taccuino di molti italiani che vivono in America. Il motivo non è un ludico pesce d’aprile in quanto l’italiano che vive negli States (e soprattutto a New York) non ha tempo per scherzare nonostante l’indole rimanga perennemente burlona. No, il 1 aprile di ogni anno United States Citizenship and Immigration Services (USCIS) inizia ad accettare le domande per il visto H-1B, ovvero il tanto agognato visto di lavoro (in realtà vi sono altri visti che, soddisfatti alcuni requisiti, consentono di lavorare in America, ma l’H-1B è considerato il principale visto di lavoro in quanto è quello che instaura la classica relazione datore di lavoro/impiegato).

Completata e presentata la domanda per il visto H-1B,  USCIS si prende un po’ di tempo (qualche settimana o anche qualche mese in alcuni casi) per valutare la bontà della candidatura. Una volta arrivato il nulla osta, il beneficiario non può iniziare comunque a lavorare prima del 1 Ottobre. L’H-1B ha una durata di tre anni e può essere esteso per altri 3 anni. Alla fine di questi complessivi 6 anni, i beneficiari, in alcuni casi, possono presentare domanda per l’ancora più agognata carta verde.


Ma è facile ottenere un H-1B?

Non proprio. Non lo è mai stato ed oggi ancor meno. Vediamo perché. Il primo limite è quantitativo. C’è un cap – ovvero un tetto – massimo per quanto concerne il numero di H-1B che USCIS emette ogni anno. Il limite è fissato a 85 000. In realtà la cifra è ancora più bassa sotto un certo punto di vista: 20 000 H-1B sono destinati solo a stranieri che hanno conseguito almeno una laurea negli States, mentre 65 000 H-1B sono messi a disposizione di tutti gli stranieri. Bastano questi 85 000 H-1B visas all’anno a soddisfare richieste dei datori di lavoro e di potenziali lavoratori? Assolutamente no. Infatti, in periodi di espansione economica le richieste superano di gran lunga il numero di visti messi a disposizione. Ad esempio, nel 2014, USCIS ha ricevuto 172000 richieste nella prima settimana di Aprile, ovvero quasi il doppio dei visti a disposizione.

Per risolvere questo eccesso di domanda, si è dovuti ricorrere alla lotteria. Quindi un’estrazione automatica ha deciso quali candidature fossero meritevoli di essere valutate (non approvate, fate attenzione). Le altre sono state rimandate indietro senza troppi complimenti. In poche parole, circa quasi 90 000 candidati sono rimasti a corto di soluzioni nonostante avessero un’offerta da un datore di lavoro in America pronto a sponsorizzarli. That’s not cool. Nel 2015 l’economia americana continua a crescere. Le previsioni parlano di 200000 applications. Di sicuro sarà nuovamente lotteria. Per chiudere la discussione sul numero di H-1B visas  a disposizione, va detto che nei corridoi di Washington si parla da tempo di alzare il cap e, infatti, simili disposizioni erano presenti nel pacchetto immigrazione che si è arenato nel Congresso un paio di anni fa,  ma per ora, appunto, i congressmen, timorosi di perdere i propri seggi, hanno preferito non approvare un pacchetto che agli occhi dei populisti è anti-americano. Forse ci vorrebbe un Frank Underwood per risolvere l’impasse…


E cosa vincono gli applicants che vengono estratti con la lotteria? Pochino. Il mero diritto ad aver la propria candidatura valutata. Il secondo limite, infatti,  è qualitativo in quanto USCIS approva una H-1B petition solo quando alcuni tassativi requisiti sono soddisfatti:

1 – Deve esistere una relazione professionale employer/employee, ovvero datore di lavoro/impiegato: mere collaborazioni saltuarie non sono sufficienti. USCIS vuole vedere se il datore di lavoro ha controllo sulle attività dell’impiegato e se quest’ultimo viene inquadrato da un punto di vista finanziario e tributario nell’organigramma del datore di lavoro che fa da sponsor;

2 – Il candidato deve qualificarsi come idoneo ad effettuare una così detta specialty occupation. In poche parole, USCIS vuole ammettere degli stranieri che siano meritevoli, che abbiano delle qualità e competenze particolari. Questo punto è solitamente soddisfatto dall’aver ottenuto una laurea che sia inerente al tipo di attività che si intende effettuare. Coloro non in possesso di una laurea hanno vita ardua, ma ciò non toglie che sia possibile per loro ottenere un H-1B: possono qualificarsi comunque se in possesso di una licenza professionale o se in possesso di una tale esperienza lavorativa da potersi ritenere idonei ad effettuare una specialty occupation (a tal fine, 3 anni di lavoro vengono equiparati ad un anno accademico).

3 – Il candidato deve avere un’offerta economica che sia in linea con le media di quanto pagato negli Stati Uniti per simili mansioni. Per valutare tale parametro, USCIS utilizza alcune tabelle del Department of Labor. Questo è un requisito molto importante, il quale elimina in maniera naturale candidature poche serie, rendendo quindi l’H-1B un visto di lavoro destinato a stranieri qualificati e meritevoli.



Per concludere, sicuramente l’H-1B è un ottimo visto in quanto permette – a differenza di altri visti - di lavorare senza grosse restrizioni e di cambiare impego in maniera abbastanza semplice, nonché di arrivare alla green card dopo alcuni anni. Tuttavia, sul contraltare, non è un visto molto semplice da ottenere, ma, come analizzato, riservato esclusivamente ai più qualificati, meritevoli e fortunati.

Se vuoi ottenere informazioni più a riguardo, non esitare a contattarmi compilando il modulo nella sezione Contattami.

 


 

Topics: immigrazione, lavorare in America

Michele Cea

Written by Michele Cea

Avvocato in Italia e nello Stato di New York.

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